Le acque di scarico delle piscine

Pubblicato su Piscine Oggi -2014

La maggior parte delle norme di varia e variegata natura che oggi riguardano, più o meno direttamente, le piscine si occupano della salute e della sicurezza dei bagnanti. Si occupano, quindi, del trattamento dell’acqua contenuta all’interno dei bacini e delle modalità da seguire per renderla idonea al contatto con i bagnanti.
Esistono però anche disposizioni normative che trattano della qualità dell’acqua inviata allo scarico. La comprensione e la corretta interpretazione di queste norme è molto più complessa, poiché non si riferiscono specificamente alle piscine ma ad un quadro generale nel quale, come spesso accade, le piscine trovano difficoltà ad inserirsi.
La norma di riferimento è il D.Lgsl. 152/06, aggiornato innumerevoli volte (sono circa una sessantina i dispositivi che contengono modifiche al 152 intervenuti successivamente al 2006) anche noto come Testo Unico dell’Ambiente (TUA), nella sua Parte IV Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche. Il tema specifico delle acque di scarico delle piscine non viene mai trattato e si deve quindi procedere per analogia.

Tipologia degli scarichi
Le acque di scarico sono distinte in acque reflue urbane, acque reflue industriali e acque assimilate alle reflue urbane per caratteristiche e limiti quantitativi (art.74). La corretta classificazione delle acqua è importante poiché le sanzioni sono solo amministrative in caso di scorretta gestione di acque domestiche o assimilate, ma diventano penali in caso di acque industriali.
Il primo scoglio da affrontare è proprio nella classificazione delle acque di piscina. Vediamo le definizioni.
Art. 74, comma 1, lett. h)
Acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento (art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 4/2008)

Art. 74, comma 1, lett. g)
Acque reflue domestiche: acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche

Art.101 comma 7 Acque reflue assimilate alle domestiche punto e): aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale.

La confusione su questo punto specifico regna sovrana in Italia, poiché nonostante le Regioni abbiano tutte propri dispositivi normativi in merito, in nessun caso le piscine vengono esplicitamente citate e ci si ritrova spesso con regolamenti provinciali e comunali, se non addirittura dettati dai gestori dei sistemi di trattamento e depurazione, che individuano per il caso specifico indirizzi propri, spesso difficili da condividere. Come ad esempio nel caso della Provincia di Mantova, che attraverso un protocollo specifico redatto con ARPA ha disposto che TUTTE le acque di scarico di piscina, compreso quelle delle piccole piscine private, siano da trattare come acque industriali. Molti Enti invece distinguono tra le acque della vasca e quelle derivanti dal controlavaggio, classificando le prime (in assenza di cloro) come domestiche e le seconde come industriali.

I parametri limite dello scarico
Lo scarico deve inoltre rispettare parametri specifici.Gli scarichi delle acque possono essere effettuati al suolo, in corpi idrici superficiali e in fognatura. A seconda della destinazione dello scarico vanno rispettati limiti leggermente diversi che riguardano prioncipalmente parametri chimici, contenuti nella Tabella n.3 dell’Allegato n.5 alla Parte Terza (non è un labirinto, prima o poi se ne viene fuori…). Il parametro chimico impossibile da rispettare per una piscina è quello del cloro attivo libero, previsto con il limite di 0,2 ppm per lo scarico in corpi idrici superficiali e 0,3 ppm in fognatura. Esiste anche un altro limite importante che è quello dei cloruri, che non può superare i 1200 ppm, limite molto inferiore a quello necessario per produrre cloro tramite una cella elettrolitica (che è intorno ai 5000 ppm), rendendo di fatto impossibile scaricare l’acqua salata delle piscine trattate con elettrolisi del sale.
Un terzo limite che può riguardare le piscine, in particolare le acque del controlavaggio, è quello realtivo ai solidi sospesi, nonché quelli relativi alle sostanze organiche(vedi punti 7 e 8 della tabella riportata nel box).
Lo scarico di acqua di piscina al suolo è invece regolato dalla tabella n. 4 dell’Allegato 5 alla parte terza del D.Lg s. 152/06 e si vieta espressamente lo scarico di composti organo alogenati e sostanze che possono dare origine a tali composti nell’ambiente idrico. Tradotto in pratica, non è possibile scaricare acqua trattate con cloro al suolo. Ciò significa che tutte le piscine disinfettate con cloro che non dispongono né di fognatura né di corpi idrici superficiali nei quali sacricare …non possono scaricare!

L’autorizzazione agli scarichi

L’art. 124 del 152 recita:
1.Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati
2.Modalità autorizzative
3.Modalità autorizzative
4.In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell’osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati
Vanno quindi sempre richieste le autorizzazioni allo scarico per le acque industriali, mentre non sono necessarie quelle per le acque domestiche o assimilate, fermo restando il rispetto dei parametri della Tab.3 sopra riportata. Ancora una volta si evidenzia quanto sarebbe importante che le acque di scarico delle piscine fossero considerate sempre domestiche o assimilate e non industriali, anche perchè la procedura di autorizzazione allo scarico è piuttosto complessa, lunga ed onerosa.

Le sanzioni
Per comprendere l’importanza del rispetto della normativa sulle acque di scarico, elenchiamo alcune sanzioni:
Superamento dei valori limite dello scarico: multa da 3.000 a 30.000 euro
Scarico non autorizzato: multa da 6.000 a 60.000 euro
Scarichi di acque reflue industriali non autorizzati: arresto da due mesi a due anni
Scarichi di acque reflue industriali non autorizzati contenenti sostanze pericolose: arresto da tre mesi a tre anni
Superamento dei valori limite dello scarico di acque reflue industriali: arresto fino a due anni
Come si può vedere, di nuovo l’importanza della classificazione dell’acqua di piscina diventa fondamentale, poiché la differenza delle sanzioni è notevole, passando da sanzioni amministrative, seppure pesanti, a sanzioni penali.

Per semplificare…
Recentemente un decreto riguardante le agevolazioni per la PMI (Piccole e Medie Imprese) ha stabilito che le acque di scarico delle piscine sono da considerarsi sempre domestiche, ad eccezione delle acque di scarico del controlavaggio, che devono essere opportunamente tratttate. Il primo punto critico è il campo di applicazione di questo decreto, che riguarda solamente le PMI e non, paradossalmente, le associazioni sportive. Il secondo punto critico riguarda invece il metodo di trattamento delle acque di controlavaggio, delle quali è molto difficile conoscere la composizione, poiché andrebbe prelevato un campione sulla totalità dello scarico, che mescola acqua molto sporca all’inizio con acqua pulita alla fine del ciclo. Per ora ancora non ci sono chiarimenti, anche se li si sta ripetutamente e da più parti sollecitando.

 

La norma di riferimento per le acque di scarico è il D.lgs. 152/06 aggiornato con il D.lgs. 128/10, nota come “Codice dell’Ambiente”, norma complessa e corposa che prevede però, in caso di contravvenzione a quanto stabilito, pesanti sanzioni sia amministrative che penali.

I limiti che possono interessare le acque di scarico provenienti da una piscina sono contenuti nella Tabella 3. Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura (estratto)

 

Tabella 3. Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura