Quali sono i rischi da tenere in considerazione?
L’approccio riguardante la sicurezza degli utenti nelle piscine e nei parchi acquatici è stato formalizzato per la prima volta nel testo dell’Accordo Stato Regioni relativo agli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso natatorio del 16 gennaio 2003.
In questo fondamentale documento al punto 6 si definiscono i contenuti dei Controlli Interni che spettano al responsabile della piscina, che, analogamente al datore di lavoro, analizza tutti i pericoli presenti nell’impianto, stabilisce le procedure per il controllo e definisce le modalità della loro attenuazione o rimozione.
Per una maggiore comprensione della logica che ha ispirato questo documento, è utile leggere la nota n.20 del successivo “Accordo Interregionale”, pubblicato nel 2014:
Tra le novità più rilevanti introdotte l’Accordo vi è certamente quella dell’autocontrollo come strumento principale da porre in essere a tutela della salute degli utenti. Si tratta di una inversione di prospettiva di 180 gradi. Si abbandona infatti dalla visione “paternalistica” della Legge che dettava minuziosamente quali dovevano essere i controlli e i tempi degli stessi, inducendo i gestori alla convinzione che il mero rispetto di tali prescrizioni fosse sufficiente a scaricarli di ogni ulteriore responsabilità [impostazione anche abbiamo ritrovato anche nell’ultima bozza dell’atto di intesa abortito], per passare ad una più consapevole responsabilizzazione del gestore. A questo la legge assegna gli obiettivi di salute da garantire, lasciandolo però libero di organizzare il proprio sistema di controllo, richiedendogli nello stesso tempo l’adozione di una metodologia scientifica che conferisca al sistema adottato una effettiva credibilità rispetto all’obiettivo da raggiungere….Pur essendo da anni adottato in campo alimentare, l’autocontrollo non è ancora universalmente riconosciuto come il nuovo corso dei rapporti tra attività privata e controllo pubblico e richiede una vera “riconversione culturale”.
Non è più, quindi, una legge a stabilire quali siano le disposizioni da attuare per garantire l’incolumità dei bagnanti, ma è la valutazione complessiva dell’impianto, attuata dalla figura del Responsabile, che origina la necessità e le qualifiche degli assistenti ai bagnanti o le modalità di accesso e utilizzo delle strutture da parte degli utenti.
Viene quindi introdotta la procedura, ormai nota da tempo nel campo della sicurezza dei lavoratori, della Valutazione del Rischio, in questo caso per gli utenti, che deve obbligatoriamente essere fatta dal Responsabile dell’impianto in sede di autocontrollo.
Nel nostro ordinamento, comunque, la valutazione del rischio mira a ridurre tutti i possibili rischi, anche a scapito della efficienza della gestione ed anche a costo di pesanti investimenti economici. Per noi vale il principio della massima sicurezza possibile, a differenza di quanto avviene nei paesi anglosassoni, dove vale il principio del ALARP (As Low As Reasonably Praticable), secondo il quale il rischio deve si essere ridotto, ma al livello più basso ragionevolmente possibile, tenendo in considerazione la percentuale effettiva della probabilità di accadimento dell’evento dannoso ed il costo per ridurre od annullare il rischio relativo, principio che ha ispirato tutte le norme europee.
In commissione CEN (l’organismo che redige le norme tecniche in Europa) si sta procedendo in questi mesi alla revisione della norma EN 15288 che riguarda la progettazione e la gestione di piscine e parchi acquatici. Il capitolo che prevede come deve essere attuata la sorveglianza in piscina è stato oggetto di una lunga discussione tra le diverse filosofie rappresentate ed alla fine ha avuto la meglio quella inglese, riuscendo a farlo approvare con questo incipit: All pool operators shall determine if poolside supervision is required taking into account national regulations or guidance and/or the type of operation, type of users, water depths, pool basin size and nature of use. (Tutti gli operatori di piscina devono determinare la necessità della supervisione della piscina tenendo in considerazione le leggi nazionali e la tipologia di operazioni, di utenti, la profondità dell’acqua, la grandezza della vasca e tipologia di utilizzo).
Per quanto riguarda il nostro Paese, invece, è molto difficile effettuare una valutazione del rischio che preservi da eventuali responsabilità in caso di incidente, poiché il nostro codice penale prevede molto spesso come prova sufficiente della errata valutazione del rischio l’accadimento stesso dell’evento, senza tenere in considerazione la valutazione della opportunità e della sostenibilità dell’intervento preventivo.
In sostanza, per ridurre a zero il rischio di annegamento sarebbe necessario mettere tanti assistenti bagnanti quanti utenti!
Per affrontare il problema è sicuramente utile valutarlo non considerando tanto la eventuale responsabilità in caso di incidente ma la prevenzione dell’incidente stesso. Ad esempio, nel caso del controllo degli utenti degli scivoli, non è necessario che l’operatore addetto alle partenze sia dotato di brevetto di assistente bagnanti, in quanto sarebbe di fatto impossibilitato a salvare qualcuno in difficoltà dalla posizione in cui si trova. Allo stesso modo, tutte le operazioni di controllo e di prevenzione possono essere effettuate da personale non abilitato al salvataggio oppure anche da sistemi elettronici. E’ necessario distinguere le due fasi di controllo e prevenzione da quella di intervento in caso di incidente, anch’essa separabile nella fase di recupero dell’infortunato e di intervento sanitario, che può essere eseguito da un addetto che abbia frequentato un apposito corso di rianimazione. In ogni modo, è comunque necessario disporre di sufficiente personale per adempiere a tutte le operazioni delle fasi previste.
In alcuni casi è però possibile, modificando procedure, percorsi o altro, ridurre od eliminare alcuni rischi che richiederebbero una supervisione. Gli scivoli possono essere dotati di sistemi di partenza a comando elettronico, possono essere installate telecamere o altri sistemi di rilevazione, costosi al momento dell’acquisto ma ammortizzabili velocemente nel tempo e certamente più affidabili della sorveglianza umana. Molto spesso, infatti, affidarsi alla operatività degli addetti è meno sicuro rispetto al dotare l’impianto di attrezzature elettroniche, riducendo l’intervento umano e professionalizzandolo nei limitati casi in cui è indispensabile.
In Europa, questo approccio è portato avanti dalla Germania, che dota gli impianti acquatici di tutte le misure e apparecchiature di sicurezza possibili affidandoli ad un Bad Meister, un vero e proprio professionista che piuttosto che stare a bordo vasca sta in una “cabina di regia” e sorveglia monitors e apparecchiature.
E’ necessario abbandonare, una volta per tutte, l’idea che una legge dica in modo chiaro ed inequivocabile quanti bagnini sono obbligatori per sorvegliare una superficie d’acqua e la cui sola osservanza preservi da responsabilità in caso di incidente. Questo è sicuramente un modo di affrontare la sicurezza comodo, semplice e tutto sommato “regolatore della concorrenza”, nel senso che tutti gli impianti avrebbero costi relativi al personale di sorveglianza paragonabili, a parità di condizioni. Ma non essendo un approccio che tutela di fatto la sicurezza, è stato abbandonato già da molti anni dalla legislazione vigente, sia in Europa che in Italia. E’ giunto il momento di abbandonarlo anche da parte dei gestori, che devono imparare a ragionare in una ottica diversa, che abbia un solo obiettivo: fare in modo che gli incidenti non accadano.