Il lavoro negli spazi confinati nelle piscine

Pubblicato su Piscine Oggi – febbraio 2015

L’entrata in vigore del D.P.R. n.177 nel 2011 ( Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati) lasciò piuttosto indifferente il mondo delle piscine.
Come accade con quasi tutte le norme che non siano strettamente correlate al settore specifico, in pochissimi si resero conto, allora, delle pesanti conseguenze che avrebbe potuto avere sulla organizzazione lavorativa delle aziende interessate e nella stragrande maggioranza dei casi anche gli articoli pubblicati sull’argomento caddero nel vuoto.
Questa però non è una norma che si lascia dimenticare facilmente, ed il resto delle organizzazioni lavorative continuarono a discuterne e ad organizzarsi, finchè, finalmente, anche il nostro settore fu costretto a svegliarsi dal letargo che lo affligge ahimè da anni e si constrinse a prendere atto del problema.
Un problema non da poco, che coinvolge moltissime piscine, se non forse tutte. Ma andiamo con ordine.
Nel D.P.R. 177/2011 si precisa che sono definiti ambienti sospetti di inquinamento quelli ricompresi negli articoli 66 e 121 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. (pozzi, pozzi neri, fogne, cunicoli, camini, fosse e fosse in genere, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri), mentre sono definiti ambienti confinati quelli previsti al punto 3 dell’allegato IV dello stesso Decreto Legislativo (vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti,silos). La classificazione di questi ambienti è caratterizzata dal fatto che sono spazi circoscritti, non progettati per la presenza continua di un lavoratore, che presentano aperture di accesso con dimensione limitate (difficoltà di accesso e/o di uscita) e da una ventilazione naturale sfavorevole, in cui può accadere un evento incidentale importante, che può portare a un infortunio grave o mortale, in presenza di condizioni che possono essere immediatamente pericolose per la salute o la sicurezza del lavoratore (agenti chimici pericolosi, sotto ossigenazione, rischio di elettrocuzione, annegamento, ecc.).
Le definizioni sopra esposte si adattano facilmente ad alcune specifiche situazioni. Le vasche di compenso, ad esempio, per come sono progettate nella stragrande maggioranza dei casi, rappresentano senza dubbio uno spazio confinato. Allo stesso modo anche molti locali tecnici, accessibili solamente tramite una botola, oppure ricavati all’interno di cavedi e/o cunicoli, lo sono senza dubbio. Su altre situazioni invece è difficile prendere una posizione in senso assoluto e va valutato caso per caso.
Ciò che è indubbio comunque è che il settore delle piscine sia coinvolto nell’ambito di applicazione di questo decreto che, lo ricordiamo, è in vigore dal settembre 2011, quindi da più di tre anni.
E’ sicuramente utile iniziare questa trattazione dalle sanzioni previste, che non sono riportate direttamente nel 177 ma sono riconducibili al D.Lgsl.81/08 e sono quindi, per la maggior parte, sanzioni di tipo penale in caso di incidente, ma anche amministrativo nel caso di verifica ispettiva.

Cosa prevede in concreto il decreto sul lavoro negli spazi confinati?

La qualificazione dell’impresa
Il D.P.R. 177 prevede espressamente che (in corsivo il testo della norma):
Qualsiasi attivita’ lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati puo’ essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei
seguenti requisiti:
a) integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze;
b) integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell’articolo 21 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi(in tema di sorveglianza sanitaria e formazione dei lavoratori);
c) presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i relativi contratti siano stati
preventivamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto;
d) avvenuta effettuazione di attivita’ di informazione e formazione di tutto il personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attivita’ lavorative in ambienti sospetti di
inquinamento o confinati, specificamente mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attivita’, oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento. I contenuti e le modalita’ della
formazione di cui al periodo che precede sono individuati, compatibilmente con le previsioni di cui agli articoli 34 e 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, entro e non oltre 90 giorni
dall’entrata in vigore del presente decreto, con accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le parti sociali;

In realtà tali modalità non sono mai state indicate, ma ad oggi nessuna azienda che opera in spazi confinati ha derogato l’obbligo della formazione, se non le nostre, spesso a causa di informazioni errate e assurde da parte di alcune associazioni di categoria.

e) possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attivita’ lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e avvenuta effettuazione di attivita’ di addestramento all’uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all’allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
f) avvenuta effettuazione di attivita’ di addestramento di tutto il personale impiegato per le attivita’ lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente alla applicazione di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e dell’allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81;

L’articolo 66 prevede:
È vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tu tta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L’apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l’agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.

Mantre l’articolo 121 dice:
2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti o la irrespirabilità dell’aria ambiente e non sia possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all’esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all’interno ed essere in grado di sollevare prontamente all’esterno il lavoratore colpito dai gas.

g) rispetto delle vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di Documento unico di regolarita’ contributiva; (il DURC)
h) integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione all’eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu’
rappresentative sul piano nazionale.

2. In relazione alle attivita’ lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati non e’ ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni.
Le disposizioni del presente regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate.

Queste quindi le operazioni necessaria alla qualificazione dell’impresa che opera negli spazi confinati. In sintesi:

– radazione di un adeguato Piano di Sicurezza;
– inserimento nella squadra lavorativa, di cui fa parte eventualmente anche il datore di lavoro, di almeno il 30% di personale in possesso di esperienza almeno triennale di lavoro in spazi confinati;
– formazione della squadra;
– dotazione di idonei DPI ed attrezzature di emergenza;
– divieto di subappalto se non con contratto certificato;
– regolarità contributiva.

Ma non è tutto. Una volta qualificata l’impresa esecutrice dei lavori vi sono altre incombenze da seguire. La più contestata è quella prevista dall’ art.3, comma1:

Prima dell’accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attivita’ lavorative di cui all’articolo 1, comma 2, tutti i lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice, compreso il datore di lavoro ove impiegato nelle medesime attivita’, o i lavoratori autonomi devono essere puntualmente e dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente sulle caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati ad operare, su tutti i rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione e emergenza adottate in relazione alla propria attivita’. L’attivita’ di cui al precedente periodo va realizzata in un tempo sufficiente e adeguato all’effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque, non inferiore ad un giorno.

Ebbene si, avete letto bene. Prima di effettuare qualunque lavoro in un luogo confinato o sospetto di inquinamento il committente, cioè il cliente, deve efftuare una informazione sui rischi specifici della durata di almeno otto ore. In sostanza, mez’ora per smontare una pompa da riparare, un giorno di corso. Impossibile da mettere in pratica nelle piccole realtà, non c’è dubbio, ma così è scritto.
La risposta all’interpello n.23/2014 proprio sui contenuti dell’art.3 non migliora la situazione, spiegando che comunque è in capo al datore di lavoro committente la responsabilità di effettuare una corretta informazione, che può comunque non essere ripetuta se l’impresa e i luoghi sono gli stessi.

Veniamo al comma 2:
Il datore di lavoro committente individua un proprio rappresentante, in possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e che abbia comunque svolto le attivita’ di informazione, formazione e addestramento di cui
all’articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), a conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attivita’ lavorative, che vigili in funzione di indirizzo e coordinamento delle attivita’ svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro committente.

Durante il precedente smontaggio della pompa, quindi, il cliente deve indicare una persona esperta che vigili affinchè l’impresa svolga tutto correttamente.

Infine, il comma 3:
Durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o confinati deve essere adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attivita’ in ambienti confinati, comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco. Tale procedura potra’ corrispondere
a una buona prassi, qualora validata dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera v), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

In sostanza, è necessario mettere in campo dispositivi di recupero di un corpo inanimato, in caso di problema di qualunque tipo possa occorrere ad un operaio che sta lavorando in uno spazio confinato.
A questo punto, una domanda sorge spontanea: quanto costerà la riparazione di quella pompa ………?
A parte le facili battute, è evidente che questo decreto sia stato scritto sull’onda delle emozioni causate dai ripetuti incidenti mortali sopratutto all’interno di cisterne o di luoghi effettivamente molto pericolosi e l’onda emotiva generalmente comporta scarsa lucidità.
E’ comunque altrettanto evidente quanto le disposizioni contenute nel decreto siano chiare e comportino una serie non certo trascurabile di incombenze.
Tralasciare di adempiere a questi obblighi può portare a serissime conseguenze in caso di accertamento ma, soprattutto, di incidente, a maggior ragione se occorso ad un dipendente. Ricordiamo ancora una volta che le sanzioni in tema di sicurezza sul lavoro sono sempre di tipo penale e la procedura è d’ufficio.
Come tutto cià che riguarda la sicurezza, l’attenzione deve andare alla prevenzione, poiché la cosa fondamentale resta che gli incidenti non accadano. Perche ciò avvenga è comunque di fondamentale importanza riflettere su ciò che si fa e su come lo si fa. L’augurio è che il dibattito sul D.P.R. 177 serva quantomeno a questo.
Rossana Prola è nominata, in quanto presidente della associazione di categoria ProfessioneAcquaNET, membro esperto della Commissione INAIL per la redazione della Linee Guida sul lavoro negli spazi confinati.