Visita alla Fiera di Stoccarda

Considerazioni del ritorno

Una bambina in un negozio di giocattoli. Così mi sono sentita al mio arrivo alla Fiera di Stoccarda, quando ho iniziato il giro dal padiglione 3, quello più “impiantistico” dei tre allestiti. Ho visto cose che voi umani … soprattutto voi umani italiani, devo dire. E anche francesi e spagnoli, perché va detto, quando si tratta di tecnologia in Europa i tedeschi procedono su una via parallela alla nostra. Loro sono là, noi stiamo di qua. E’ un approccio diverso, che deriva da una cultura diversa, che non lascia spazio alla improvvisazione e che mette la logica al primo posto, prima del cuore e dell’emozione, che invece governano noi italiani.

La fiera di Stoccarda è la mia preferita, l’unica dove non chiedo, un’ora dopo essere arrivata: “Ok, ho visto tutto, andiamo?”. Io mi annoio a fare shopping, ai musei, alle mostre, in tutti i posti dove cammini e vedi una cosa dopo l’altra. Inevitabilmente, dopo mezz’ora mi sembra tutto uguale e mi viene voglia di andarmene. A meno che quello che vedo non sia talmente interessante da far passare in secondo piano il caldo/il freddo, la troppa gente, la luce scarsa/abbagliante, il male ai piedi/alle ginocchia/alla schiena, la fame, la sete, il rumore, e le circa venticinque altre cose di cui solitamente mi lamento.

A Stoccarda è trascorsa una intera giornata senza che me ne sia accorta. Complice anche la meravigliosa sala stampa che ci ha ospitato, nella quale abbiamo trovato un wi-fi gratuito e veloce, computer fissi connessi a internet, salottini, tavoli, bagno, bere e mangiare offerti, armadietti chiusi dove lasciare le borse, parcheggio gratuito in prossimità dell’ingresso, insomma, un gran bel modo di visitare una fiera. Ma soprattutto mi ha affascinato quello che ho visto esposto.

Impianti di ultrafiltrazione per le vasche o per trattare l’acqua di controlavaggio abbinati a filtri a sabbia, carbone attivo e antracite abbinati alla sabbia, filtrazione ceramica, impianti uv abbinati a elettrodi in titanio, filtri per la riduzione dei fosfati, elettrolisi quasi esclusivamente in situ, vasche in acciaio ovunque e persino nanofiltrazione, che riduce l’acqua di piscina a semplice H2O pura!

Chimica poca, e per la maggior parte si tratta di prodotti per la pulizia del bordo vasca o degli accessori, perché nei paesi di cultura tedesca la concentrazione del cloro in vasca non supera mai gli 0.5 ppm e in piscina non si usa altro che cloro, solitamente cloro gas o ipoclorito, e acido per abbassare il pH. Un paradiso, insomma, il mio paradiso.

Non ho potuto non riflettere su quanto sia diversa la cultura del trattamento acqua di piscina nel nostro Paese e su quanto ci sia da lavorare per chi vuole far comprendere che esiste anche la possibilità di trattare l’acqua in modo diverso, con molta più tecnologia e molta meno chimica. E’ vero, gli impianti sono più costosi, non c’è dubbio, ma non tutti mettono il prezzo al primo posto, se comprendono che si tratta di prodotti profondamente differenti. Ed il problema è questo: come si fa a far capire al cliente finale che si tratta di due situazioni del tutto inconfrontabili tra loro…?

Questo è il nostro compito, e per nostro intendo di chi fa cultura nel settore. Il nostro dovere è l’onestà intellettuale che impone di fare informazione in modo corretto, senza farsi influenzare da elementi quali la convenienza politica o commerciale. Ci riusciamo? Bella domanda. Giudicando dai risultati, a me sinceramente pare proprio di no.