Gestione di impianti sportivi in Project Financing

Pubblicato su Spaziosport – 2013

La realizzazione di impianti sportivi tramite la procedura del Project Financing ha vissuto momenti di altalenante fortuna negli ultimi dieci anni.Nel periodo successivo all’entrata in vigore della legge “Merloni Quater”, il decreto legge 166/2002, numerosi impianti sono stati realizzati con l’utilizzo di questo strumento.
La realizzazione e la successiva gestione di impianti sportivi rappresenta senza ombra di dubbio una situazione del tutto perticolare nello scenario delle attività produttive in genere. Si tratta di attività che hanno un legame molto forte con aspetti a rilevante carattere sociale e che si collocano sul mercato con limiti e caratteristiche che non consentono di considerarli semplici attività economiche soggette al mercato.
La attuale fortissima crisi economica ha ridotto in maniera drastica i bandi di gara di questa tipologia: nel corso del 2011 sono stati in tutto 12 i bandi pubblicati, tra i quali due riguardanti il bar di un centro sportivo e tre riguardanti faraoniche “Cittadelle dello Sport” di importo superiore ai quaranta milioni di euro, opere di difficile e sicuramente lunga realizzazione.
Il “tasso di mortalità” delle opere realizzate in PF è sicuramente altissimo, come dimostrano le statistiche che riferiscono di 700 gare aggiudicate su 3.000 bandite nel periodo 2002-2011. Nello specifico, le gare nel settore degli impianti sportivi devono superare, se possibile, una quantità maggiore di difficoltà rispetto alle altre.Secondo un sondaggio pubblicato da infopieffe.it promosso da Unioncamere, Dipe-Utfp e ANCE e realizzato dal CRESME, le gare di PPP (Public-Private Partnership) riguardanti impianti sportivi bandite nel periodo 2002-2010 sono state 1.751 con un numero di aggiudicazioni pari a 382. Questo a dimostrazione del fatto che la realizzazione di impianti sportivi attraverso la procedura di PF presenta non poche difficoltà.
Proprio a causa della crisi, però, il ricorso a tale procedura sembra essere il più vantaggioso per le pubbliche amministrazioni, che ormai non possono più rinuncare all’apporto di capitale privato e tendono inoltre a delegare aai privati il compito di predisporre la corposa documentazione necessaria per la realizzazione di un’opera pubblica.
Cercheremo quindi di analizzare in questo articolo le principali criticità e le possibili modalità per superarle.
Prima di tutto va tenuto conto del fatto che la costruzione e la successiva gestione di un impianto sportivo corrispondono a due fasi tra loro profondamente differenti, che coinvolgono soggetti molto diversi tra loro. Se la realizzazione deve infatti tenere conto “solo” delle particolarità specifiche di questa tipologia di impianti, non tenendo conto delle quali è possibile compiere errori a volte irreparabili per la redditività della gestione, quest’ultima rappresenta il vero cardine sul quale tutto viene imperniato. Gestire uno stadio, una piscina, un palazzetto dello sport, è una questione del tutto diversa rispetto alla gestione di un parcheggio o di un cimitero. Sono necessarie competenze tecniche altamente specifiche, difficilmente reperibili sul mercato e molto spesso possedute da società o (peggio) da associazioni sportive, organismi che per loro stessa natura deficitano di capacità imprenditoriali così come siamo abituati a considerarle. Questa particolarissima tipologia di impresa non recupera facilmente credito da parte dei soggetti finanziatori, men che meno in questo momento storico-economico, ed in certi casi non è in grado di compiere le consuete operazioni imprenditoriali con le quali ci si rapporta in un mercato omogeneo, come ad esempio fornire garanzie o fideiussioni, trattare con i fornitori o con i rappresentanti di istituzioni e/o con finanziatori.
Ma la gestione di un impianto sportivo non può essere altresì affidata direttamente al costruttore stesso, come può accadere nel caso di un parcheggio ad esempio, poiché la fidelizzazione dei clienti al gestore nel caso degli impianti sportivi è altissima ed è impensabile sostituire questa figura con semplici dipendenti diretti, anche a causa degli elevatissimi costi che avrebbe questa operazione, rischiando di far uscire dal mercato la struttura appena edificata.
Non va dimenticato, infatti, che le società sportive godono di benefici enormi in campo fiscale e di inquadramento dei lavoratori. Competere su questo campo senza queste agevolazioni per una impresa tradizionalmente costituita risulta praticamente impossibile.
La prima, grandissima, difficoltà è quindi quella di far coesistere due soggetti profondamente diversi: il costruttore ed il gestore. Il primo ha necessità del secondo per far sì che l’opera, almeno per quanto riguarda la parte a carico del privato, venga remunerata nei tempi stabiliti dal piano economco-finanziario, mentre il secondo ha bisogno del primo per realizzare l’opera con i requisiti richiesti dal Codice dei Contratti.
Resta irrisolto il principale problema, quello del finanziamento. E’ evidente che l’interesse del costruttore si esaurisce al momento del collaudo, nel quale subentra il gestore, che però non riesce essere finanziato, se non in casi estrememente rari. Si tratta di un empasse di diffcile risoluzione senza l’intervento diretto dell’Ente Pubblico, che può prestare le garanzie per conto del gestore. I vincoli del patto di stabilità però limitano oggi fortemente anche questa possibilità, causando la quasi totale paralisi del mercato alla quale stiamo assistendo.
I nuovi interventi del Governo stanno cercando di superare queste difficoltà introducendo nuovi strumenti, come ad esempio il Contratto di disponibilità, che ci auguriamo possano affrontare e risolvere positivamente il problema.
Per quanto riguarda invece la questione del rimborso del finanziamento tramite la gestione è necessario, in fasedi progettazione prima e di realizzazione poi, tenere conto di alcuni aspetti di fondamentale importanza. La fase determinante riguarda la progettazione iniziale dell’idea da parte dell’Ente pubblico. Le nuove norme, anche se recentemente rimodificate, pongono in capo alla Amministrazione pubblica il compito di redigere lo studio di fattibilità, strumento indispensabile per accordare i desideri e le aspettative con le disponibilità economiche e la possibile recettività del mercato.
La pianificazione iniziale dovrebbe chiarire in modo approfondito, nell’ordine sotto elencato, gli aspetti relativi a:
1. costo di massima dell’opera;
2. disponibilità dell’Ente a prestare fideiussioni;
3. disponibilità dell’Ente a contribuire alla costruzione e/o alla gestione;
4. tipologia di opera (dimensioni, spazi, caratteristiche impiantistiche, eccetera);
5. servizi sociali richiesti gratuitamente al gestore.
La difficoltà maggiore per l’Amministrazione pubblica è quella di riuscire a comprendere la reale situazione di mercato di questa tipologia di impianti. Gli errori si compiono solitamente in entrambe le direzioni, vale a dire in quella più frequentemente messa in atto di sopravvalutarne la redditività ma anche in quella seppure più rara di ritenere che un impianto sportivo non sia in grado di reggere nemmeno i costi di gestione.
Senza una accurata e sapiente indagine sulla reale collocabilità nel mercato di tali strutture il rischio di compiere valutazioni sbagliate è molto alto. Lo stesso soggetto gestore cade spesso in errore quando gli viene chiesto di elaborare un piano economico-finanziario, poiché si limita ad un banale conto economico, che non tiene conto di imposte e di costi di ammortamento, rischiando così che al momento della elaborazione di un vero e proprio piano economico-finanziario questo risulti insufficientemente affidabile per l’ente finanziatore e la procedura si blocchi.
Gli elementi fondamentali per comprendere se un impianto sportivo sia o meno in grado di sostenersi sono piuttosto aleatori, soprattutto per quanto riguarda il capitolo dei ricavi, poiché è praticamente impossibile riuscire a stabilire con una relativa certezza quale sarà il volume di presenze coinvolte nell’arco di 20-30 anni. Periodo nel quale potrebbero affiancarsi altre realizzazioni simili, magari maggiormente competitive, oppure potrebbero modificarsi radicalmente le abitudini nel settore sportivo. In questo momento storico a questi dubbi si affianca con prepotenza quello legato alla drastica e progressiva riduzione della possibilità di spesa dei possibili utenti.
In questo quadro, apparentemente a tinte fosche, esiste la possibilità di realizzare comunque impianti sportivi in PF tenendo in considerazione alcuni semplici aspetti fondamentali.
A) La modularietà
Abbandonamdo le “maniedi grandezza” di molti politici, oggi conviene realizzare l’impianto a moduli progressivi, dove il successivo viene costruito con gli utili realizzati da quello che lo precede. Il progetto deve partire da una visione complessiva e finale, ma la realizzazione deve essere fatta a step, in modo da consentire di fermarsi se la situazione non consente di esporsi ulteriormente.
B) L’accordo tra i soggetti coinvolti
E’ necessario chiarire bene quali sono le aspettative e quali le intenzioni di ogni singolo soggetto coinvolto nella operazione: fin dove è disponibile arrivare, dove e quando intende fermarsi. Questa analisi va fatta però all’inizio del percorso, poiché a percorso avviato cambiare le carte in tavola potrebbe risultare impossibile.
C) L’apporto dell’Ente pubblico
Come abbiamo già avuto modo di enunciare, non è possibile, se non in rarissimi casi, trovare soluzioni nelle quali l’Ente non debba partecipare all’operazione. Le situazioni di crisi spingono la fantasia verso limiti fino ad ora sconosciuti. Se le risorse economiche non ci sono, è spesso possibile trovare soluzioni alternative che forniscano ai soggetti coinvolti una soddisfazione sufficiente a portare a realizzazione l’opera.

Tabella3

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