La vaschetta lavapiedi

Pubblicato su Piscine Oggi – 2013

La storia della vaschetta lavapiedi nelle piscine ha origini antiche. Se ne parla per la prima volta nel 1951, all’interno della circolare del ministero dell’interno n.15 dal titolo “Norme di sicurezza per la costruzione, l’esercizio e la vigilanza dei teatri, cinematografi e altri locali di spettacolo in genere”, che contiene un paragrafo riguardante le piscine, prima di quelli riguardanti le piste automobilistiche e gli ippodromi. Insieme ad altre disposizioni, le prime della storia sulla materia specifica, si trovano quelle che istituiscono quello che oggi viene chiamato “presidio di bonifica”. L’art.108 recita: “L’accesso alla piscina deve avvenire unicamente attraverso un passaggio obbligato munito di docce e zampilli che garantiscano le perfette pulizie del bagnante”.
Proprio così: le perfette pulizie, al plurale. Altri tempi.
In effetti le “pulizie generali” del bagnante in questo caso erano complete, non si limitavano solamente ai piedi come invece viene previsto molto più tardi, nel Atto d’Intesa Stato-Regioni del 1991. All’epoca non era ancora stato consumato l’assurdo della modifica del Titolo Quinto della Costituzione, avvenuta nel 2000, che ha delegato alle Regioni buona parte del potere legislativo dello Stato centrale, e quindi l’Atto d’Intesa fu sospeso dal Ministro l’anno successivo. A proposito della vaschetta lavapiedi in questo documento si trova: “1.5. Presidi di bonifica dei frequentatori. L’accesso dei frequentatori dalla doccia, che rappresenta il primo presidio di bonifica, alle aree delle attività balneatorie deve avvenire attraverso un passaggio obbligato lungo il quale va disposta una vasca lavapiedi alimentata in modo continuo con acqua contenente una soluzione disinfettante. Tale vasca deve essere realizzata dimensionalmente e strutturalmente in modo da rendere obbligatoria l’immersione completa dei piedi, compresi gli zoccoli, nella soluzione stessa e deve avere un battente di almeno cm.16”. Le pulizie del bagnante diventano in questo caso meno perfette, limitandosi agli zoccoli (pardon, ai piedi). In entrambe le norme si chiarisce comunque che l’accesso deve essere obbligato e quindi va disposta una recinzione o una delimitazione che non consenta passaggi alternativi.
Nella storia recente la confusione regna sovrana. Come si sa, solamente circa la metà delle Regioni italiane si sono dotate di una norma sulle piscine e tra quelle che lo hanno fatto ben poche si sono espresse con chiarezza. Si va dalla D.G.R. Della Emilia Romagna: “L’accesso dei frequentatori alle aree delle attività balneatorie deve avvenire attraverso un passaggio obbligato lungo il quale va disposta una vaschetta lava piedi con doccia, non eludibile, alimentata in modo continuo con acqua contenente una soluzione disinfettante. Tale vasca, munita di doccia, deve essere realizzata dimensionalmente e strutturalmente in modo da rendere obbligatoria l’immersione completa dei piedi, compresi i calzari, nella soluzione disinfettante, accessibile anche dai disabili con i relativi ausili. Sono ammessi sistemi alternativi con soluzioni a getto e/o a pressione muniti di fotocellula, in grado di garantire ugualmente una adeguata disinfezione” a quella della Lombardia: “Nella zona di passaggio tra la Sezione Servizi e le aree a piedi nudi devono essere installate:
– vaschette lavapiedi, alimentate con acqua corrente o con acqua a ricambio periodico e dosaggio di soluzione disinfettante; -erogatori di soluzione sanificante per i piedi”, dicitura che lascia spazio a molte interpretazioni.
Fatto sta che da sempre la vaschetta lavapiedi è croce e delizia rispettivamente di gestori e di organi di controllo. Gli utenti in gran parte la detestano, mentre i progettisti non ne comprendono l’utilità e la posizionano nei modi e nei luoghi più assurdi, trasformandola spesso da dispositivo igienico sanitario in oggetto di contestazione fine a se stesso.
L’utilità reale è difficile da definire. Transitare all’interno di una zona dove il percorso contenente un livello di acqua sufficiente a coprire i piedi è di circa mezzo metro, quasi sempre fredda gelata (se è calda è lì da parecchio e quindi è sporca…) non è certo il preludio più piacevole ad un bagno divertente o rilassante. L’efficacia della azione disinfettante per un tempo di contatto microscopico è tutta da definire, mentre è certo l’aspetto della pericolosità relativamente a chi corre o cerca i modi più impensati per evitarla.
Un aspetto di fondamentale importanza relativamente alla vaschetta lavapiedi è la volotarietà di attraversarla. Poiché è evidente a chiunque che a nessuno piace farlo, è indispensabile associare al sostantivo presidio di bonifica gli aggettivi obbligatorio, invalicabile, non eludibile…
Chiunque abbia una minima esperienza di gestione di piscine sa che l’unico modo per costringere gli utenti di una piscina ad attraversare un presidio di bonifica in modo che esso sia davvero utile è quello di sostituirlo con un tunnel da autolavaggio. Non c’è altro modo.
L’unica alternativa civile e responsabile è quello di sostituire la parola obbligatorio con utile. Lavarsi PRIMA di entrare in acqua e non solo dopo è una azione estremamente utile e civile. Nessuno entrerebbe a lavarsi nella vasca da bagno dalla quale è appena uscito uno sconosciuto, senza cambiare l’acqua e lavare la vasca, eppure nessuno si fa scrupolo di farlo in piscina. Perchè? Per ignoranza. Perchè nessuno sa che l’acqua non viene ricambiata di continuo e che passare per i filtri non equivale a fare un giro a Lourdes, l’acqua non subisce miracoli. Investire sulla educazione e la responsabilità civile dei bagnanti è l’unica possibile soluzione al problema. E allora basterebbe un erogatore di soluzione disinfettante dove gli utenti, volontariamente, puliscono le ciabatte, non i loro piedi. La necessità di pulire le ciabatte è comprensibile a qualunque persona dotata di cervello. L’obbligo di pulire i propri piedi è offensivo per una persona civile.
Agire sul senso di responsabilità, lavorare ed investire sulla educazione dei bagnanti, questo dovrebbero fare i gestori degli impianti, aiutati e supportati dagli organi di controllo. Ciò che invece non andrebbe fatto è obbligare gli utenti delle piscine a passare in vasche di acqua gelata, spesso sporca perchè non è possibile mantenerla pulita se non svuotandola di continuo, magari annaffiati con acqua gelida mentre hai indosso l’accappatoio o in mano la borsa.
E’ passata l’epoca in cui il concetto di igiene personale era lontanissimo dalle coscienze, oggi il problema va affrontato come in tutti i paesi civili, confidando sulla responsabilità delle persone. Educando, non costringendo. E comprendendo che non serve a niente avere piedi disinfettati, ammesso che ciò sia possibile, e il resto del corpo sporco, perchè il passaggio della vaschetta lavapiedi per entrare in acqua è un concetto completamente diverso da quello di un presidio posto in una azienda agroalimentare o in un allevamento. In una piscina è l’intero corpo dei bagnanti ad essere oggetto di inquinamento e nessuno potrà mai costringere altre persone a lavarsi, se non vogliono farlo.